musicisti esecutori
Sergio Costa pianoforte
Marisa Rossi flauto
Orio Odori clarinetto
Adele Odori sax contralto
David Macinai tromba
Stefano Rocchi fagotto
Damiano Puliti violoncello
Il ritratto è un oggetto complesso. Due parole latine hanno dato origine a questa parola in tutte le lingue europee, retraho e protraho: trattenere e far uscire, e tra questi due poli si gioca la sua magia.
Il ritratto come racconto di uomini e luoghi, attraverso il quale cogliere la personalità e i tratti caratteriali, ma anche le radici, la cultura e il luogo di appartenenza, che si esprimono nei tratti, nelle pose e nelle espressioni.
Della vasta opera ritrattistica di Venturino abbiamo scelto le maschere di cartapesta, per il loro condensare tutti questi aspetti e per il dialogo estetico e poetico che riescono a creare con l’altro artista in mostra, Guido Scarabottolo.
Il lavoro di Venturino è caratterizzato da due forti spinte, che in sinergia hanno dato vita ad un’opera di assoluta originalità e bellezza. Da una parte lo sradicamento dovuto all’emigrazione in tenera età, dall’altra un radicamento che lo ha portato, attraverso l’arte, a riprendersi le sue radici e suoi altrove, scegliendo il paese natale come casa e soggetto delle sue opere. I volti dei compaesani sono ritratti con modi e materiali differenti. Questi in cartapesta, parafrasando il titolo del brano di Orio Odori, sembrano davvero dei folletti, con sguardo ironico e fisso, pronti a liberarsi dai puntelli e a rianimarsi, non appena le luci si spengono e le porte si chiudono. Ce li immaginiamo discutere, scherzare, ammazzare il tempo, nel bar ideale dove da sempre e per sempre si ritrovano, in attesa di qualcosa, mentre da una parte ancora qualcuno li ritrae e li racconta, con discreto e potente amore.
Guido Scarabottolo nel 2017 è stato in Iran. Da quel viaggio è tornato con un progetto fotografico particolare, un tentativo coraggioso di mettersi alla prova con un lavoro lontano da quella produzione artistica che ne fa uno dei più noti illustratori italiani.
Il progetto si intitola I ragazzi del bazar di Kashan, e raccoglie una serie di ritratti di manichini scattati col cellulare nel bazar dell’omonima città.
Guido Scarabattolo sceglie di raccontare un luogo attraverso questi volti inanimati ma densi di realtà, una realtà che li rende unici e contaminati allo stesso tempo.
I manichini dovrebbero offrire visi anonimi, ma è impossibile non vedere un’innegabile personalità che si irradia da queste facce. Una personalità che deve molto agli interventi dei loro proprietari, quei commercianti che li hanno ‘personalizzati’, aggiungendo segni distintivi. Una storia che parte da soggetti inaspettati e inumani e ripercorre a ritroso tanti sguardi, tante mani, tante culture, desideri, ambizioni e sogni.